Modello 231 (MOGC)
Principi generali
Pinalli S.r.l. (di seguito anche “Pinalli” o la “Società”), sensibile all’esigenza di assicurare condizioni di correttezza e di trasparenza nella conduzione degli affari e delle attività aziendali, a tutela della posizione e dell’immagine propria nonché delle aspettative e degli interessi dei propri soci e dei propri dipendenti, ha ritenuto opportuno analizzare, compendiare e rafforzare tutti gli strumenti di controllo e di governance societaria già adottati e, conseguentemente, apportare gli adeguamenti richiesti procedendo all’attuazione del Modello di organizzazione, gestione e controllo, previsto dal D.Lgs. 231/2001 (di seguito anche il “Modello” o “Modello 231”).
Il Modello di Pinalli, così come riportato nel presente documento, rappresenta il sistema di regole organizzative, operative e di controllo che disciplinano l’attività e i comportamenti della Società per prevenire i reati e gli illeciti amministrativi rilevanti ai sensi del D.Lgs.231/2001 ed è da intendersi nel rispetto, ad integrazione e completamento del sistema di governance aziendale, del sistema di attribuzione di funzioni e di deleghe e poteri nonché del sistema dei controlli interni attualmente in vigore.
Finalità del Modello
Con l’adozione del presente Modello organizzativo, Pinalli si propone di perseguire le seguenti principali finalità:
• ribadire che ogni condotta illecita è assolutamente condannata dalla Società, anche se ispirata ad un malinteso interesse sociale ed anche se la Società fosse apparentemente in condizione di trarne vantaggio, in quanto contraria, oltre che a disposizioni normative, anche alle norme e regole di condotta cui si ispira e a cui si attiene nella conduzione della propria attività aziendale;
• sensibilizzare tutti coloro che operano per conto di Pinalli, affinché tengano comportamenti corretti e lineari nell’espletamento delle proprie attività;
• determinare, in tutti coloro che operano in nome e per conto della Società e, in particolare, nelle “aree a rischio 231” ovvero nelle aree in cui possono essere realizzate le fattispecie di reato rilevanti ai sensi del Decreto (di seguito i/il “Reati/o”), la consapevolezza del dovere di conformarsi alle disposizioni ivi contenute e più in generale alla regolamentazione aziendale;
• informare i Destinatari che la commissione anche tentata di un Reato – anche se effettuata a vantaggio o nell’interesse della Società - rappresenta una violazione del Modello e del Codice Etico e costituisce un illecito passibile di sanzioni, sul piano penale ed amministrativo, non solo nei confronti dell’autore del Reato, ma anche nei confronti della Società, con la conseguente applicazione alla medesima delle relative sanzioni;
• consentire alla Società, grazie ad un’azione di stretto controllo e monitoraggio sulle attività sensibili alla potenziale commissione di Reati rilevanti ai fini del Decreto (di seguito le “Aree a rischio 231”) ed all’implementazione di strumenti ad hoc, di intervenire tempestivamente per prevenire o contrastare la commissione dei Reati stessi.
Destinatari del Modello
Le regole contenute nel Modello si applicano ai seguenti Destinatari:
• tutti gli amministratori e coloro che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione in Pinalli nonché coloro che esercitano anche di fatto la gestione e il controllo della Società;
• tutti coloro che intrattengono con Pinalli un rapporto di lavoro subordinato (dipendenti);
• tutti coloro che collaborano con Pinalli in forza di un rapporto di lavoro parasubordinato (collaboratori a progetto, prestatori di lavoro temporaneo, interinali, stagisti, etc).
Dai Destinatari del Modello devono tenersi distinti coloro i quali – pur non formalmente inseriti nell’organizzazione societaria - operano su mandato o per conto di Pinalli nell’ambito dei processi e delle attività “sensibili”, quali ad esempio, i consulenti, i fornitori, i partners, i collaboratori in genere, che per l’attività svolta possono contribuire a far sorgere una responsabilità in capo alla Società.
Relativamente alla attività svolta da tali soggetti (di seguito anche “Soggetti Terzi”), i contratti che ne regolano i rapporti devono prevedere specifiche clausole che prescrivano l’impegno a rispettare le previsioni del D. Lgs 231/2001 e il Codice Etico.
Struttura del Modello
Il presente documento si compone di una Parte Generale e una Parte Speciale:
• La Parte Generale è suddivisa a sua volta in Quattro Sezioni:
descrive i contenuti del Decreto, richiamando le fattispecie di reato che determinano la responsabilità amministrativa in capo a un ente, le possibili sanzioni e le condizioni per l’esenzione della responsabilità (Sezione prima); la struttura organizzativa e di governance della Società e le attività svolte per la costruzione, diffusione e aggiornamento del Modello (Sezione seconda);identifica la struttura, i ruoli e le responsabilità dell’Organismo di Vigilanza (Sezione terza) e riporta il sistema disciplinare finalizzato a sanzionare il mancato rispetto delle previsioni del Modello (Sezione quarta) .
• La Parte Speciale contiene invece i protocolli di decisione ovvero quell’insieme di regole e di principi di controllo e di comportamento ritenuti idonei a governare le aree per le quali è stato rilevato un rischio di potenziale commissione dei reati presupposto della responsabilità amministrativa ex d.lgs. 231/2001.
SEZIONE UNO: IL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2001, N. 231
1.1 Il regime giuridico della responsabilità amministrativa degli enti
Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231 in parziale attuazione della legge delega 29 settembre 2000, n. 300, disciplina – introducendola per la prima volta nell’ordinamento giuridico nazionale – la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica per alcuni reati commessi nell’interesse di queste:
• dai cd. soggetti in posizione apicale, vale a dire persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione ed il controllo dello stesso;
• dai cd. soggetti sottoposti, ovvero persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui anzidetti (in sostanza, nel caso delle società, i dipendenti della stessa).
La responsabilità per alcuni illeciti penali è stata ampliata includendo non solo la persona fisica che ha materialmente commesso il fatto, ma anche gli enti che hanno tratto vantaggio dalla commissione dell’illecito o nel cui interesse l’illecito è stato commesso. Il “vantaggio” o “interesse” rappresentano due distinti criteri di imputazione della responsabilità, potendo l’ente essere responsabile per il sol fatto che l’illecito viene commesso nel suo interesse, a prescindere dal conseguimento o meno di un concreto vantaggio.
Accanto al reato della persona fisica, che è il presupposto indefettibile per l’eventuale affermazione della responsabilità amministrativa dell’ente, occorrono, ai fini dell’integrazione dell’illecito corporativo, altri due elementi, uno oggettivo e l’altro soggettivo:
• quanto all’elemento oggettivo, è necessario che il fatto costituente reato (ad es. la truffa, il riciclaggio, la corruzione etc.) sia commesso nell’interesse o a vantaggio della società, tant’è che, se la persona fisica agisce illecitamente nel proprio esclusivo interesse o nell’interesse di terzi, la società di appartenenza non potrà risponderne;
• con riguardo, invece, all’elemento soggettivo, per ragioni di compatibilità con il principio costituzionale della personalità della responsabilità penale (art. 27 Cost.), dovendo l’ente rispondere per un fatto proprio e colpevole, si è deciso di ancorare la colpevolezza dell’ente al difetto di organizzazione, vale a dire alla mancata adozione da parte della società di un modello organizzativo, gestionale e di controllo idoneo a prevenire il rischio di reato.
In definitiva, dunque, sono tre gli elementi che compongono la fattispecie dell’illecito dell’ente: il reato, l’interesse o il vantaggio per l’ente, l’assenza del modello organizzativo.
La responsabilità amministrativa degli enti si applica alle categorie di reati espressamente contemplate nel Decreto 231 e può configurarsi anche in relazione a reati commessi all’estero, purché per tali reati non proceda lo stato del luogo in cui è stato commesso il fatto e sempre che sussistano le particolari condizioni previste dal D.Lgs. 231/2001.
1.2 I reati che determinano la responsabilità amministrativa dell’ente
Le fattispecie di reato suscettibili di configurare la responsabilità amministrativa della Società sono soltanto quelle espressamente indicate dal legislatore all’interno del Decreto che, al momento dell’emanazione contemplava solo alcuni reati nei confronti della Pubblica Amministrazione. Il legislatore, anche in applicazione di successive direttive comunitarie, ha nel corso degli anni notevolmente ampliato il catalogo dei Reati sottoposti all’applicazione del D.Lgs. 231/2001, che oggi comprende, in particolare:
• Reati contro la pubblica amministrazione e contro il patrimonio della pubblica amministrazione (art. 24 e 25);
• Reati informatici e trattamento illecito di dati (art. 24- bis);
• Delitti di criminalità organizzata (art. 24- ter);
• Reati in materia di falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (art. 25- bis);
• Delitti contro l’industria e il commercio (art. 25- bis.1);
• Reati societari, compreso il reato di corruzione tra privati ed istigazione alla corruzione tra privati (art. 25-ter);
• Reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (art. 25- quater);
• Reati contro la personalità individuale (art. 25- quinquies);
• Reati ed illeciti amministrativi di abuso e manipolazione del mercato (art. 25- sexies);
• Reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25- septies);
• Ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio (art. 25- octies);
• Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti (art. 25-octies.1);
• Delitti in materia di violazione del diritto d'autore (art. 25- novies);
• Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 25- decies);
• Reati ambientali (art. 25- undecies – eco-reati);
• Impiego di cittadini in Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25 – duodecies);
• Reati di razzismo e xenofobia (art. 25 – terdecies);
• Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d'azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (art. 25 – quaterdecies)
• Reati tributari (Art.25 – quinquiesdecies)
• Contrabbando (art. 25 – sexiesdecies)
• Reati contro il patrimonio culturale (art. 25-septiesdecies);
• Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici (art. 25-duodevicies);
• Reati trasnazionali (legge 16.3.06 n.146).
Per un dettaglio delle singole fattispecie di reato per le quali è prevista la responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/2001 si rimanda al Catalogo dei reati presupposto, allegato al presente Modello (Allegato 1).
1.3 Le sanzioni applicabili all’ente
Il Decreto stabilisce un articolato sistema di sanzioni amministrative nel caso in cui l’ente sia responsabile per un Reato commesso da un suo rappresentante.
Tale sistema prevede quattro specie di sanzioni, applicabili in caso di condanna definitiva:
• sanzioni pecuniarie;
• sanzioni interdittive;
• confisca del profitto;
• pubblicazione della sentenza.
Le sanzioni pecuniarie vengono comminate in ogni caso di condanna definitiva. La determinazione della misura della sanzione, a norma dell’art. 10 del Decreto, si basa su un complesso sistema di quote. L’importo di una quota va da un minimo di € 258,00 (Euro duecentocinquantotto/00) ad un massimo di € 1.549,00 (millecinquecentoquarantanove/00). Per ogni specie di Reato il Decreto prevede l’applicazione della sanzione pecuniaria fino a un determinato numero di quote.
La sanzione da irrogarsi in concreto viene stabilita dal giudice, sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 11 del Decreto ovvero, gravità del fatto, grado della responsabilità dell’ente, attività svolta dall’ente per delimitare o attenuare le conseguenze del fatto e prevenire la commissione di ulteriori reati, condizioni economiche e patrimoniali dell’ente.
Le sanzioni interdittive consistono nelle seguenti misure:
• interdizione dall'esercizio dell'attività;
• sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione del Reato;
• divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
• esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e eventuale revoca di quelli già concessi;
• divieto di pubblicizzare beni o servizi.
La durata delle sanzioni interdittive non può essere inferiore ai tre mesi, né eccedere i due anni. Si precisa che, a seguito delle modifiche apportate al D. Lgs. 231/01 dalla legge 9 gennaio 2019 n. 3, “Decreto Spazzacorrotti” entrata in vigore il 31 gennaio 2019, per i reati commessi ai sensi dall’art. 25, comma 2 e 3 è prevista una pena non inferiore ai due anni e non superiore ai sette, a seconda del soggetto che commette il reato, così come stabilito dal nuovo comma 5 dell’art. 25.
L’applicazione di esse è prevista solo per alcuni dei Reati specificamente indicati nel Decreto 231.
Condizione per la comminazione delle sanzioni interdittive è il ricorrere di uno dei seguenti presupposti: (a) che l’ente abbia tratto dal Reato un profitto di rilevante entità e, al contempo, che il Reato sia stato commesso da un soggetto in posizione apicale o, se commesso da soggetti sottoposti, che la commissione del Reato sia stata agevolata da carenze del Modello organizzativo; ovvero, in alternativa, (b) che vi sia stata reiterazione del Reato.
Nella scelta della sanzione interdittiva applicabile il giudice deve attenersi agli stessi criteri già visti sopra per le misure pecuniarie. In particolare, è richiesto che la sanzione interdittiva abbia il carattere della specificità, ossia abbia ad oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l’illecito dell’ente. Fra le varie misure interdittive, quella della sospensione dall’esercizio dell’attività non può esser comminata se non quando l’irrogazione di ogni altra sanzione risulti inadeguata. È anche possibile che più sanzioni interdittive vengano applicate congiuntamente. Nei casi in cui sussistono i presupposti per comminare una sanzione interdittiva che comporta l’interruzione dell’attività dell’ente, se l’ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può comportare un grave pregiudizio per la collettività, ovvero se l’interruzione dell’attività, date le dimensioni dell’ente e le condizioni economiche del territorio sul quale si trova, può avere rilevanti ripercussioni sull’occupazione, è previsto che il giudice possa, in luogo della sanzione interdittiva, disporre che l’attività dell’ente continui sotto la guida di un commissario per un periodo pari alla durata della sanzione che sarebbe stata inflitta. Le misure interdittive sono, in linea di principio, temporanee. Tuttavia, nel caso in cui una stessa persona giuridica venga condannata per almeno tre volte nei sette anni successivi all’interdizione temporanea dall’attività, e se ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità, il Decreto prevede la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività.
La confisca del prezzo o del profitto del Reato è sempre disposta in caso di condanna. Quando non è possibile eseguire la confisca dei beni che hanno costituito il prezzo o il profitto del reato, la stessa può avere ad oggetto somme di danaro, beni o altre utilità di valore equivalente.
La pubblicazione della sentenza di condanna in uno o più giornali indicati dal giudice a spese dell’ente condannato può esser disposta dal giudice nei casi in cui viene irrogata una sanzione interdittiva.
Durante le more del procedimento penale, su richiesta del pubblico ministero, il giudice può disporre alcune delle misure interdittive descritte sopra in via cautelare. Ciò è possibile in presenza di gravi indizi circa la sussistenza della responsabilità dell'ente e di fondati e specifici elementi che fanno ritenere concreto il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede. Le misure cautelari non possono avere durata superiore a un anno. Anche in sede cautelare è possibile che in luogo delle sanzioni interdittive si disponga il commissariamento dell’ente per tutto il tempo della durata della sanzione che sarebbe stata applicata.
1.4 Le condizioni per l’esenzione della responsabilità
Il D.Lgs. 231/2001 espressamente prevede, agli artt. 6 e 7, l’esenzione dalla responsabilità amministrativa qualora l’ente si sia dotato di effettivi ed efficaci modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire Reati della specie di quello verificatosi. L’adeguata organizzazione rappresenta pertanto il solo strumento in grado di negare la “colpa” dell’ente e, conseguentemente, di escludere l’applicazione delle sanzioni a carico dello stesso.
Precisamente, una volta accertato che un soggetto in posizione apicale ha commesso un reato nell’interesse o a vantaggio dell’ente, l’ente non risponderà per l’operato del soggetto in posizione apicale solo se riuscirà a dimostrare che già prima della commissione del Reato:
(a) aveva adottato ed efficacemente attuato un Modello Organizzativo idoneo a prevenire la commissione di reati della specie di quello commesso;
(b) era stato istituito all’interno dell’ente un organismo dotato di poteri di iniziativa e controllo (il cd. “Organismo di Vigilanza”) incaricato di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello e di curarne l’aggiornamento;
(c) le persone che hanno commesso il Reato hanno eluso fraudolentemente il Modello di organizzazione e gestione;
(d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b).
Nel caso di commissione del Reato ad opera di un soggetto sottoposto, la responsabilità dell’Ente sussiste se la commissione del Reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza. Secondo l’art. 5 del Decreto 231, non vi è inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza se l’ente, prima della commissione del fatto, ha adottato ed efficacemente attuato il Modello di organizzazione, gestione e controllo.
L’onere probatorio della dimostrazione della mancata adozione del Modello organizzativo, tuttavia, diversamente dal caso del reato commesso dai soggetti in posizione apicale, ricade sull’accusa.
Fulcro della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti è costituito dalle previsioni relative ai Modelli di organizzazione, gestione e controllo, che tuttavia non costituiscono un obbligo per gli enti, bensì una mera facoltà.
L’adozione ed effettiva attuazione di un Modello organizzativo il cui contenuto corrisponda a quello richiesto dal Decreto costituisce, infatti, la circostanza oggettiva che permette di escludere la sussistenza della colpa organizzativa dell’ente e, di conseguenza, la responsabilità di questo in caso di reati commessi dai suoi rappresentanti o dipendenti.
Ai Modelli organizzativi il sistema del Decreto attribuisce molteplici funzioni. Essi, se approntati prima della commissione del Reato, comportano la esenzione da responsabilità della persona giuridica; se adottati in seguito alla commissione del Reato (purché prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado), possono determinare una riduzione della sanzione pecuniaria e l’esclusione delle sanzioni interdittive; se adottati in seguito all’applicazione di una misura cautelare, possono comportarne la sospensione a norma dell’art. 49 del Decreto.
Quanto all’efficacia del Modello, il legislatore, all’art. 6, comma 2, D.Lgs. 231/2001, statuisce che il Modello deve soddisfare le seguenti esigenze:
a) individuare le attività nel cui ambito esiste la possibilità che vengano commessi i Reati previsti dal Decreto;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare le modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei Reati;
d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello;
e) introdurre un sistema disciplinare interno idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello;
f) introdurre un sistema per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro.
La caratteristica dell’effettività del Modello è invece legata alla sua “efficace attuazione” che, a norma dell’art. 7, comma 4, D.Lgs. 231/2001, richiede:
a) una verifica periodica e l’eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività (aggiornamento del Modello);
b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.
SEZIONE DUE: IL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO DI PINALLI S.r.l.
2.1 L’attività, la governance e la struttura organizzativa di Pinalli S.r.l.
Pinalli è una società attiva nel settore della profumeria selettiva e cosmetica attraverso una propria rete di vendita e distribuzione retail che consta di circa 80 punti vendita dislocati sul territorio italiano, ad insegna “Pinalli” , oltre che attraverso il canale e-commerce.
La Società ha privilegiato il sistema di corporate governance tradizionale, così come descritto nello Statuto sociale, che si fonda su:
• un organo amministrativo - il Consiglio di Amministrazione- composto da tre amministratori, nominato dall'Assemblea degli azionisti, cui spettano tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione per il raggiungimento dello scopo sociale, esclusi i poteri che la legge riserva all’Assemblea dei Soci. La rappresentanza della Società, di fronte ai terzi ed in giudizio, spetta al Presidente del Consiglio di Amministrazione e Amministratore Delegato. All’Amministratore Delegato sono stati delegati dal Consiglio i poteri di ordinaria amministrazione con firma singola nei limiti previsti dalla delega stessa;
• il Collegio Sindacale, composto da tre membri effettivi e due supplenti, cui è affidato il compito di vigilanza su:
o osservanza della legge, dello statuto e dell’atto costitutivo;
o rispetto dei principi della corretta amministrazione;
o adeguatezza della struttura organizzativa della Società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo contabile, anche in riferimento all’affidabilità di quest’ultimo a rappresentare correttamente i fatti di gestione.
L’Assemblea dei Soci ha affidato ad una società di revisione, iscritta all’Albo Speciale, l’incarico di revisione legale dei conti della Società.
La struttura organizzativa di Pinalli è descritta in dettaglio nell’organigramma aziendale pro tempore vigente, nel quale vengono individuate le Aree e i Servizi aziendali nonché i relativi responsabili. Tale struttura organizzativa è di continuo aggiornata, in ragione delle eventuali evoluzioni e/o modificazioni aziendali, e sarà cura delle funzioni competenti della Società darne tempestivamente comunicazione all’Organismo di Vigilanza.
2.2 La costruzione del Modello
La scelta del Consiglio di Amministrazione di Pinalli di dotarsi di un Modello si inserisce nella più ampia politica d’impresa della Società che si esplicita in interventi ed iniziative volte a sensibilizzare tutto il personale alla gestione trasparente e corretta della Società, al rispetto delle norme giuridiche vigenti e dei fondamentali principi di etica degli affari nel perseguimento dell’oggetto sociale.
La “costruzione” del presente Modello ha preso l’avvio dall’analisi del sistema di governance e della struttura organizzativa della Società e ha tenuto in espressa considerazione le indicazioni ad oggi rilevate dalla giurisprudenza e dai pronunciamenti anche provvisori dell’Autorità Giudiziaria, unitamente a quelle espresse dalle Associazioni di Categoria ed in particolare le Linee Guida di Confindustria emanate nel 2021 .
Il processo di costruzione del Modello si è dunque sviluppato in diverse fasi, basate sul rispetto dei principi di tracciabilità e verificabilità delle attività svolte.
Il punto di partenza è stato l’individuazione della mappa delle aree a rischio 231 ovvero delle attività svolte dalla Società nel cui ambito possono essere commessi i Reati, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 6, c. 2, lett. a) del Decreto.
Si è quindi provveduto alla valutazione del sistema di controllo interno a presidio dei rischi individuati ed alla redazione del Codice Etico (che costituisce un Allegato al Modello) e degli specifici Protocolli (riportati nella Parte Speciale del Modello), finalizzati a governare i profili di rischio enucleati a seguito dell’attività di mappatura delle attività societarie, secondo quanto richiesto dall’art. 6 c. 2 lett. b) del D.Lgs. 231/01.
In conformità a quanto richiesto dagli artt. 6 c. 2 lett. d) e lett. e) e lettera c.2 ter del Decreto, si è provveduto quindi:
• a definire le caratteristiche, i ruoli e i compiti dell’Organismo di Vigilanza (così come riportato nella Sezione Terza della Parte Generale del Modello), espressamente preposto al presidio dell’effettiva applicazione del Modello ed alla sua verifica in termini di adeguatezza ed efficacia;
• a delineare un apparato sanzionatorio (Sezione Quarta della Parte Generale del Modello) avverso a tutte le violazioni al Modello;
• a definire le modalità di diffusione del Modello e di relativa formazione del personale;
• a definire le modalità di aggiornamento del Modello stesso;
• a definire le modalità di gestione delle segnalazioni delle violazioni del Modello e a prevedere un sistema per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro (Whistleblowing Policy).
2.3 La mappa delle aree a rischio 231
Il Modello di Pinalli si basa sulla individuazione della mappa delle aree a rischio 231, ovvero delle attività nel cui ambito possono essere commessi i reati, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 6, c. II, lett. a) del Decreto.
La mappatura delle aree a rischio 231 è stata realizzata valutando gli specifici ambiti operativi e la struttura organizzativa della Società, con riferimento ai rischi di Reato in concreto prospettabili.
Di seguito sono esposte le metodologie seguite e i criteri adottati nelle varie fasi.
I Fase: Raccolta e analisi di tutta la documentazione rilevante
Propedeutica all’individuazione delle attività a rischio è stata l’analisi documentale: si è innanzitutto proceduto a raccogliere la documentazione ufficiale rilevante e disponibile presso la Società al fine di meglio comprendere l’attività della stessa e identificare le aree aziendali oggetto d’analisi. A titolo esemplificativo e non esaustivo è stata analizzata la seguente documentazione: statuto; visura camerale con deleghe e procure; organigramma e procedure formalizzate.
Si è altresì tenuto conto di tutte le vicende che hanno interessato la Società con riferimento alle aree a rischio legate al Decreto.
II Fase: Risk Assessment
La mappatura delle attività a rischio è continuata quindi con approfondimenti tramite interviste ai Responsabili di Area/Servizio della Società, al fine di costruire un Modello il più possibile aderente agli specifici ambiti operativi e alla struttura organizzativa della Società, con riferimento ai rischi di reato in concreto prospettabili.
Le interviste, infatti, finalizzate altresì ad avviare il processo di sensibilizzazione rispetto alle previsioni di cui al D.Lgs. 231/2001, alle attività di adeguamento della Società al predetto Decreto ed all’importanza del rispetto delle regole interne adottate dalla Società per la prevenzione dei Reati, sono state condotte con l’obiettivo di individuare i processi e le attività potenzialmente a rischio di commissione dei reati previsti dal Decreto nonché analizzare i presidi di controllo già implementati atti a mitigare i predetti rischi.
È stata così effettuata una mappatura di tutte le aree potenzialmente a rischio della Società, articolata sulla base dei processi e delle attività svolte da ciascuna Area/Servizio aziendale, con evidenza dello specifico profilo di rischio attraverso l’indicazione dei potenziali Reati associabili e l’esemplificazione delle possibili modalità di realizzazione dei reati stessi. I risultati di tale attività sono stati formalizzati in specifico documento denominato “Mappa delle aree a rischio 231” che rimane a disposizione dell’Organismo di Vigilanza per l’attività istituzionale ad esso demandata.
È importante evidenziare che la mappa delle attività a rischio 231 fotografa la situazione esistente alla data di redazione del presente Modello. L’evolvere delle attività aziendali richiederà il necessario aggiornamento della mappatura, al fine di ricomprendere gli eventuali rischi associabili alle nuove attività.
Tale documento è a disposizione dell’Organismo di Vigilanza ai fini dello svolgimento dell’attività istituzionale ad esso demandata.
Conformemente a quanto previsto dall’art. 6, comma 2, lett. a) D.Lgs. 231/01 si riportano le aree di attività aziendali individuate come a rischio, ovvero nel cui ambito potrebbero essere presenti rischi potenziali di commissione delle fattispecie di reato previste dal Decreto. In particolare, sono state identificate le seguenti aree di rischio:
• Vendite (retail e e.commerce);
• Acquisti di beni destinati alla commercializzazione;
• Acquisti di beni e servizi non destinati alla commercializzazione (inclusi incarichi professionali a terzi);
• Sviluppo immobiliare, ristrutturazione e manutenzione dei punti vendita;
• Rapporti e adempimenti con la Pubblica Amministrazione e con le Autorità di Vigilanza e gestione delle visite ispettive da parte di funzionari pubblici;
• Adempimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
• Adempimenti ambientali;
• Supply Chain e logistica;
• Selezione, assunzione e gestione del personale;
• Contabilità, bilancio, operazioni sul patrimonio,
• Adempimenti fiscali
• Rapporti con i soci e gli altri organi sociali;
• Flussi monetari e finanziari
• Rimborsi spese;
• Contenzioso
• Marketing e PR;
• Sponsorizzazioni, liberalità e omaggi;
• Sistemi informativi.
In tali aree/processi si sono ritenuti maggiormente rilevanti i rischi di commissione di alcune fattispecie di reato indicati negli artt. 24, 24-bis, 24-ter, 25, 25-bis, 25-bis.1, 25-ter, 25-quinquies, 25-septies, 25-octies, 25-novies, 25-decies, 25-undecies, 25-duodecies, 25- quinquiesdecies, 25- sexiesdecies del Decreto.
Relativamente agli altri reati ed illeciti (in particolare quelli con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, razzismo e xenofobia, i reati ed illeciti amministrativi di abuso di mercato e i reati transnazionali,) si è ritenuto che la specifica attività svolta dalla Società non presenti profili di rischio tali da rendere ragionevolmente fondata la possibilità della loro commissione nell’interesse o a vantaggio della stessa. Si è pertanto stimato esaustivo il richiamo ai principi contenuti sia nel presente Modello che nel Codice Etico, ove si vincolano gli esponenti aziendali, i collaboratori ed i partners commerciali al rispetto delle leggi.
III Fase: Analisi dei presidi di controllo
Scopo di tale fase è consistito nell’individuazione, per ciascuna area di rischio, dei presidi organizzativi, di controllo e comportamento esistenti a presidio delle specifiche fattispecie di reato richiamate dal Decreto, nella valutazione della loro idoneità a prevenire i rischi evidenziati nella precedente fase di risk assessment e quindi nelle azioni di miglioramento da apportare.
É stata fatta quindi un’analisi comparativa tra il Modello di organizzazione gestione e controllo esistente (“as is”) ed un Modello di riferimento a tendere valutato sulla base del contenuto del Decreto, delle indicazioni dell’ampia giurisprudenza e delle linee guida di Confindustria (“to be”).
In particolare, l’analisi è stata condotta con l’obiettivo di verificare:
- l’esistenza di regole comportamentali di carattere generale a presidio delle attività svolte;
- l’esistenza e l’adeguatezza di procedure che regolino lo svolgimento delle attività nel rispetto dei principi di controllo;
- il rispetto e l’attuazione concreta del generale principio di separazione dei compiti;
- l’esistenza di livelli autorizzativi a garanzia di un adeguato controllo del processo decisionale;
- l’esistenza di specifiche attività di controllo e di monitoraggio sulle attività a rischio.
Da tale confronto sono state identificate le aree di miglioramento del sistema di controllo interno esistente che, condivise con i responsabili delle Funzioni aziendali interessate, sono state implementate nei Protocolli.
2.4 Il Codice Etico
La Società ha adottato un Codice Etico attraverso cui intende uniformare la gestione delle proprie attività in relazione ai comportamenti che possono integrare le fattispecie di reato disciplinate dal D.Lgs. 231/2001.
Il Codice Etico che costituisce parte integrante del Modello organizzativo (Allegato 2), pur avendo portata e finalità differenti.
Sotto tale profilo, infatti, è opportuno precisare che:
- il Codice Etico riveste una rilevanza generale in quanto contiene una serie di principi e valori di “deontologia aziendale”, che la Società riconosce come propri e sui quali intende richiamare l’osservanza di tutti i suoi dipendenti e di tutti coloro che, anche all’esterno della Società, cooperano al perseguimento degli obiettivi aziendali;
- il Modello e i Protocolli di Decisione rispondono e soddisfano, invece, conformemente a quanto previsto nel Decreto, l’esigenza di predisporre un sistema di regole interne diretto a prevenire la commissione di particolari tipologie di reati (per fatti che, commessi nell’interesse o a vantaggio della Società, possono comportare una responsabilità amministrativa in base alle disposizioni del Decreto medesimo).
Il Codice Etico viene distribuito a tutti i dipendenti e viene inoltre reso disponibile ai Terzi, ai quali viene richiesto il rispetto dei principi in esso contenuti, mediante sottoscrizione di apposite clausole nei contratti con i terzi.
Il Codice Etico è disponibile sul sito internet della Società all’indirizzo www.pinalli.it.
2.5 I Protocolli di decisione
A seguito della identificazione delle aree a rischio e sulla base del relativo sistema di controllo esistente, la Società ha elaborato specifici Protocolli (che costituiscono la Parte Speciale del Modello), in conformità a quanto prescritto dall’art. 6 c. 2 lett. b) D.Lgs. 231/2001, che contengono un insieme di regole e di principi di controllo e di comportamento ritenuti idonei a governare il profilo di rischio individuato.
Per ciascuna area a rischio 231 è stato creato un Protocollo, ispirato alla regola di rendere documentate e verificabili le varie fasi del processo decisionale, onde sia possibile risalire alla motivazione che ha guidato la decisione.
I principi di controllo riportati nei Protocolli fanno riferimento a:
• livelli autorizzativi;
• segregazione funzionale delle attività autorizzative, operative e di controllo;
• controlli specifici;
• tracciabilità del processo decisionale e archiviazione della documentazione a supporto.
I Protocolli sono stati sottoposti all’esame dei soggetti aventi la responsabilità della gestione delle attività a rischio per la loro valutazione e approvazione, rendendo così ufficiali ed obbligatorie le regole di condotta ivi contenute nei confronti di tutti coloro che si trovino a compiere l’attività nell’ambito della quale è stato individuato un profilo di rischio.
2.6 Sistema di segnalazione delle violazioni del Modello (Whistleblowing)
In materia di segnalazioni whistleblowing, il recente Decreto Legislativo n. 24/2023 – che recepisce la Direttiva UE 2019/1937 in materia di «Protezione degli individui che segnalano violazioni delle norme comunitarie – contribuisce a far progredire la cultura della legalità della compliance nei contesti organizzativi recependo, all’interno della disciplina nazionale del whistleblowing, le indicazioni emanate dalle istituzioni europee e le best practices internazionali.
Tale disposto normativo ha previsto l’obbligo per la Società di prevedere dei canali che consentano la segnalazione di illeciti aventi ad oggetto violazioni di disposizioni normative nazionali e/o europee, che ledono gli interessi e/o l’integrità dell’organizzazione di appartenenza, garantendo la massima riservatezza in merito all’identità del segnalante.
Tutti i dipendenti delle Società o terze parti connesse ad essa che vengono a conoscenza di condotte illecite, rilevanti ai sensi del D. Lgs. 24/2023, in ragione delle funzioni svolte, devono quindi tempestivamente segnalare tali comportamenti mediante diversi canali di comunicazione.
In considerazione di quanto sopra indicato, la Società ha implementato un sistema di gestione delle segnalazioni (Whistleblowing) che prevede l’utilizzo di una piattaforma al fine di garantire la massima tutela e riservatezza sia delle persone segnalanti che dell’oggetto delle segnalazioni.
In particolare, le segnalazioni delle violazioni del Modello potranno essere inviate attraverso:
- la piattaforma whistleblowing accessibile attraverso il seguente link: ewhistlepinalli.azurewebsites.net
- per iscritto mediante raccomandata, riservata e personale, indirizzata al Ricevente, presso l’indirizzo della Società: via Gandhi 7, 29017 Fiorenzuola D’Arda (PC).
Tutte le eventuali segnalazioni rilevanti ai sensi del Decreto 231 saranno in via preliminare analizzate e veicolate dalla funzione che le ha ricevute all’Organismo di Vigilanza.
La Società non tollera alcuna conseguenza pregiudizievole nei confronti del segnalante in ambito disciplinare, tutelandolo in caso di adozione di «misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia». La predetta tutela non trova, quindi, applicazione nei casi in cui la segnalazione riporti informazioni false rese con dolo o colpa grave.
Per il dettaglio delle modalità operative di gestione delle segnalazioni si rimanda alla Procedura per la gestione delle Segnalazioni (Whistleblowing) che costituisce l’Allegato 3 del presente Modello.
2.7 la diffusione del Modello
Pinalli è consapevole che, al fine di garantire la concreta attuazione del Modello risulta fondamentale un’attività di comunicazione, informazione e di formazione finalizzata a favorire la diffusione di quanto stabilito dal Decreto e dal Modello organizzativo adottato nelle sue diverse componenti, affinché la conoscenza della materia e il rispetto delle regole che dalla stessa costituiscano parte integrante della cultura professionale di ciascun dipendente e collaboratore.
In particolare, per ciò che concerne la comunicazione si prevede:
• una comunicazione iniziale da parte del Presidente della Società a tutti i Dipendenti circa l’adozione del Modello;
• la pubblicazione del Modello e dei suoi Protocolli sulla intranet aziendale;
• la pubblicazione del Codice Etico sulla intranet e sul sito internet aziendali;
• idonei strumenti di comunicazione saranno adottati per aggiornare i destinatari circa le eventuali modifiche al Modello e/o al Codice Etico.
Relativamente ai meccanismi di informazione, si prevede che:
• i neoassunti ricevono, all’atto dell’assunzione, unitamente alla prevista restante documentazione, copia del Modello e del Codice Etico di cui si chiede conoscenza e rispetto;
• siano fornite ai Soggetti Terzi, apposite informative sui principi e sulle politiche adottate da Pinalli- sulla base del presente Modello e del Codice Etico - nonché sulle conseguenze che comportamenti contrari alla normativa vigente ovvero ai principi etici adottati possano avere con riguardo ai rapporti contrattuali, al fine di sensibilizzarli all’esigenza della Società a che il loro comportamento sia conforme alla legge, con particolare riferimento a quanto disposto dal D.Lgs. 231/2001.
Per quanto infine concerne la formazione, sono previste attività formative periodiche e obbligatorie avente l’obiettivo di far conoscere a tutti i Dipendenti della Società i contenuti del Decreto, del Modello e del Codice Etico, i poteri e i compiti dell’Organismo di Vigilanza nonché a sensibilizzare i Dipendenti sull’importanza dell’attuazione effettiva e concreta del Modello e a favorire il loro ruolo propulsivo e collaborativo nella diffusione e aggiornamento dello stesso.
Il piano di formazione, costruito e gestito dalla Funzione HR, in coordinamento con l’OdV e tiene in considerazione molteplici variabili, in particolare:
• i target (i destinatari degli interventi, il loro livello e ruolo organizzativo),
• i contenuti (gli argomenti attinenti al ruolo delle persone);
• gli strumenti di erogazione (aula, e-learning).
La partecipazione alle citate attività di formazione da parte di tutto il personale interessato è obbligatoria ed è monitorata dall’OdV.
È prevista la formalizzazione della partecipazione ai momenti formativi attraverso la richiesta della firma di presenza.
2.8 L’aggiornamento del Modello
L’attività di aggiornamento, intesa sia come integrazione sia come modifica, è volta a garantire l’adeguatezza e l’idoneità del Modello, valutate rispetto alla funzione preventiva di commissione dei Reati indicati dal D.Lgs. 231/2001.
Il Modello è adottato dal Consiglio di Amministrazione della Società nella cui competenza rientrano le modifiche ed integrazioni dello stesso che si rendessero opportune o necessarie, in relazione a:
• significative violazioni delle prescrizioni del Modello adottato;
• modifiche normative che comportano l’estensione della responsabilità amministrativa degli enti ad altre tipologie di reato per le quali si reputi sussistente un rischio di commissione nell’interesse o a vantaggio della Società;
• significative modifiche intervenute nella struttura organizzativa, nel sistema dei poteri, nelle procedure e nelle prassi operative di svolgimento delle attività a rischio e dei controlli a presidio delle stesse.
Le proposte di modifica ed integrazione del Modello e dei suoi allegati potranno essere presentate dall'Organismo di Vigilanza al Consiglio di Amministrazione, sentite le competenti funzioni aziendali.
Al fine di apportare al Modello tutte quelle modifiche formali e non sostanziali che potranno rendersi necessarie nel tempo, è facoltà del Consiglio di Amministrazione della Società, nella sua autonomia decisionale, attribuire ad uno dei suoi membri il potere di apportare le citate modifiche con obbligo per il Presidente di comunicare formalmente al Consiglio di Amministrazione le modifiche apportate.
SEZIONE TRE: L’ORGANISMO DI VIGILANZA
3.1 Le caratteristiche dell’Organismo di Vigilanza
L’art. 6, lett. b) del D.Lgs. 231/2001 condiziona l’esenzione dalla responsabilità amministrativa dell’Ente all’adozione del Modello e all’istituzione di un Organismo interno all’Ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, che vigili sul funzionamento e l’osservanza del Modello stesso e che ne curi l’aggiornamento.
Tale Organismo (di seguito anche “Organismo di Vigilanza” o “OdV”) deve essere “dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo”, volti ad assicurare un’effettiva ed efficace attuazione del Modello. Oltre all’autonomia dei poteri, le Linee Guida delle Associazioni di categoria nonché le pronunce della magistratura in materia hanno indicato come necessari anche i requisiti di professionalità e di continuità di azione.
Quanto alla caratteristica dell’autonomia dei poteri di iniziativa e controllo è necessario:
• che sia garantita all’OdV l’indipendenza gerarchica rispetto a tutti gli organi sociali sui quali è chiamato a vigilare, anche mediante l’inserimento dell’OdV quale unità di staff in posizione elevata nell’organizzazione societaria. L’attività di reporting dell’OdV sarà pertanto indirizzata al vertice aziendale oltre che al Collegio Sindacale;
• che i suoi componenti non siano direttamente coinvolti in attività gestionali che risultino oggetto del controllo da parte del medesimo Organismo.
• che sia dotato di autonomia finanziaria.
Per quanto attiene al requisito della professionalità, è necessario che l’OdV sia in grado di assolvere le proprie funzioni ispettive rispetto all’effettiva applicazione del Modello e che, al contempo, abbia le necessarie qualità per garantire la dinamicità del Modello medesimo, attraverso proposte di aggiornamento da indirizzare al vertice societario.
Quanto, infine, alla continuità di azione, l’OdV dovrà garantire la costante attività di monitoraggio e di aggiornamento del Modello e la sua variazione al mutare delle condizioni aziendali di riferimento e rappresentare un referente costante per i Destinatari del Modello.
3.2 L’identificazione dell’Organismo di Vigilanza
Per quanto concerne la possibile composizione dell’OdV, la dottrina e la prassi hanno elaborato diverse soluzioni, in ragione delle caratteristiche dimensionali ed operative dell’Ente, delle relative regole di corporate governance e della necessità di realizzare un equo bilanciamento tra costi e benefici. Sono pertanto ritenute percorribili sia ipotesi di definizione di strutture appositamente create nell’Ente, che l’attribuzione dei compiti dell’OdV ad organi già esistenti. Del pari, possono prescegliersi sia strutture a composizione collegiale che monosoggettiva. Inoltre, nell’enucleazione dei componenti dell’OdV, è possibile affidare detta qualifica a soggetti esterni, che posseggano le specifiche competenze necessarie per la migliore esecuzione dell’incarico.
Da ultimo, ai sensi dell’art. 6 comma 4 bis del Decreto, introdotto dall’art. 14 comma 12, della Legge 12 novembre 2011, n. 183, nelle società di capitali la funzione di Organismo di Vigilanza può essere svolta dal Collegio Sindacale.
Salvo il caso in cui l’Ente decida di affidare l’incarico di Organismo di Vigilanza ad uno dei soggetti indicati all’art. 6 comma 4 bis del D.Lgs.231/2001, la concreta costituzione di tale organismo è rimessa all’iniziativa organizzativa della Società, sempre in funzione del quadro delineato dal Decreto.
In considerazione di quanto sopra, nel caso di specie, la Società, tenuto conto della sua struttura e delle attività che vengono svolte, ha scelto di dotarsi di un organismo costituito ad hoc, monosoggettivo composto da un soggetto esterno.
In particolare si è ritenuto che il componente dell’Organismo di Vigilanza possa essere individuato in un professionista esterno, specializzato in materie connesse alla disciplina prevista D. Lgs. 231/01, che assicura la necessaria competenza e al tempo stesso rafforza il carattere di autonomia e di indipendenza, propri di tale ufficio garantendo l’effettiva vigilanza da parte dell’Organismo stesso.
L’OdV è nominato con delibera del Consiglio di Amministrazione e rimane in carica per un periodo di tre anni con possibilità di essere rieletto al termine del mandato.
In occasione della nomina viene determinato il compenso annuo spettante ai professionisti che svolgono le funzioni.
La nomina è condizionata dalla presenza dei requisiti soggettivi di eleggibilità, la cui ricorrenza e permanenza verranno di volta in volta accertate dal Consiglio di Amministrazione.
In primis, i componenti dell’Organismo di Vigilanza, ai fini della valutazione del requisito di indipendenza, dal momento della nomina e per tutta la durata della carica, non dovranno:
• trovarsi in una posizione, neppure potenziale, di conflitto di interessi con la Società;
• rivestire incarichi esecutivi o delegati nei Consigli di Amministrazione delle Società;
• svolgere, all’interno delle Società, funzioni di tipo esecutivo direttamente connesse al business e/o attività di gestione operativa delle Società, con poteri di firma singola;
• avere rapporti di parentela, coniugio o affinità entro il quarto grado con i componenti degli organi sociali delle Società, con persone che rivestono funzioni di rappresentanza con firma singola, di amministrazione o di direzione della Società o di una sua struttura organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché con persone che esercitano – anche di fatto – la gestione e il controllo delle Società, e la Società di Revisione.
Inoltre, la Società ha stabilito che l’OdV deve essere in possesso dei requisiti di professionalità e di onorabilità di cui all’art. 109 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385. In particolare, l’Organismo di Vigilanza deve essere nominato tra soggetti con professionalità adeguata in materia giuridica e di controllo e gestione dei rischi aziendali e non deve (condizioni di ineleggibilità):
• trovarsi in stato di interdizione temporanea o di sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
• trovarsi in una delle condizioni di ineleggibilità o decadenza previste dall'art. 2382 del Codice Civile;
• essere stato sottoposto a misure di prevenzione ai sensi D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e successive modificazioni e integrazioni, salvi gli effetti della riabilitazione;
• aver riportato sentenza di condanna o patteggiamento, ancorché non definitiva, anche se con pena condizionalmente sospesa, salvi gli effetti della riabilitazione:
o per uno dei delitti previsti dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare);
o per uno dei delitti previsti dal titolo XI del Libro V del codice civile (società e consorzi);
o per un delitto non colposo, per un tempo non inferiore a un anno;
o per un delitto contro la Pubblica Amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l'economia pubblica ovvero per un delitto in materia tributaria;
o per uno dei reati previsti dalle norme che disciplinano l'attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa e dalle norme in materia di mercati e valori mobiliari, di strumenti di pagamento;
o per un reato che importi e abbia importato la condanna ad una pena da cui derivi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici, ovvero l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
• essere stato destinatario a titolo personale di un decreto che dispone il giudizio per tutti gli illeciti previsti dal D.Lgs. 231/01;
• aver svolto funzioni di amministratore esecutivo nei tre esercizi precedenti alla nomina quale membro dell'Organismo di Vigilanza, in imprese:
o sottoposte a fallimento, liquidazione coatta amministrativa o procedure equiparate;
o operanti nel settore creditizio, finanziario, mobiliare e assicurativo sottoposte a procedure di amministrazione straordinaria;
• trovarsi in una delle situazioni contemplate nell’art. 2399 c.c. comma 1 lett. a), b) e c) .
L’eventuale revoca dell’Organismo di Vigilanza potrà esclusivamente disporsi per ragioni connesse a gravi inadempimenti rispetto al mandato assunto, ivi comprese le violazioni degli obblighi di riservatezza e le intervenute cause di ineleggibilità sopra riportate.
Costituiscono giusta causa di revoca dell’OdV:
• una grave negligenza nell’assolvimento dei compiti connessi con l’incarico;
• la violazione dei doveri di riservatezza;
• l’“omessa o insufficiente vigilanza” da parte dell’Organismo di Vigilanza – secondo quanto previsto dall’art. 6, comma 1, lett. d), D.Lgs. 231/2001 – di gravi e accertati motivi di incompatibilità che ne vanifichino l’indipendenza e l’autonomia.
La revoca del mandato dovrà, in ogni caso, essere deliberata dal Consiglio di Amministrazione della Società con atto che specifichi chiaramente i motivi della decisione intrapresa.
L’Organismo di Vigilanza decade dalla carica nel momento in cui venga a trovarsi successivamente alla sua nomina:
• in una delle situazioni contemplate nell’art. 2399 c.c. comma 1 lett. a), b) e c);
• condannato con sentenza definitiva (intendendosi per sentenza di condanna anche quella pronunciata ex art. 444 c.p.p.) per uno dei reati indicati ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6 delle condizioni di ineleggibilità innanzi indicate.
Costituiscono inoltre cause di decadenza dalla funzione di Organismo di Vigilanza:
• la condanna con sentenza non definitiva per uno dei reati dei numeri da 1 a 6 delle condizioni di ineleggibilità innanzi indicate;
• l’applicazione di una delle pene per i reati di cui ai numeri da 1 a 6 delle condizioni di ineleggibilità innanzi indicate;
• l’applicazione di una misura cautelare personale;
• l’applicazione provvisoria di una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II del D. Lgs. settembre 2011, n. 159 e successive modificazioni e integrazioni e delle sanzioni amministrative accessorie previste dall’art. 187- quater del Decreto Legislativo n. 58/1998 (TUF).
Costituiscono infine ulteriori cause di decadenza per l’OdV rispetto a quelle precedentemente delineate l’esser indagato o condannato, anche con sentenza non definitiva o emessa ex artt. 444 e ss c.p.p. (patteggiamento) o anche se con pena condizionalmente sospesa, salvi gli effetti della riabilitazione, per uno o più illeciti tra quelli tassativamente previsti dal D.Lgs. 231/01.
Si precisa infine che la decadenza dalla carica di componente dell’OdV opera automaticamente sin dal momento della sopravvenienza della causa che l’ha prodotta, fermi restando gli ulteriori obblighi sotto descritti.
La nomina dell’Organismo di Vigilanza da parte del Consiglio di Amministrazione diviene efficace solo in seguito al rilascio da parte dello stesso di una formale accettazione per iscritto dell’incarico che contenga altresì una dichiarazione circa la sussistenza dei requisiti prescritti dal Modello ed in particolare quelli di eleggibilità, professionalità, autonomia e indipendenza.
L’Organismo di Vigilanza può rinunciare alla carica in qualsiasi momento, previa comunicazione da presentarsi per iscritto al Consiglio di Amministrazione.
In caso di sopravvenuta causa di decadenza dalla carica, l’OdV deve darne immediata comunicazione per iscritto al Consiglio di Amministrazione e per conoscenza al Collegio Sindacale.
In caso di rinuncia, sopravvenuta incapacità, morte, revoca o decadenza dell’OdV, il Consiglio di Amministrazione provvede a deliberare la nomina del sostituto, senza ritardo.
3.3 I compiti e i poteri dell’Organismo di Vigilanza
In particolare, l’OdV dovrà svolgere i seguenti specifici compiti:
a) vigilare sul funzionamento del Modello e sull’osservanza delle prescrizioni ivi contenute da parte dei Destinatari, verificando tramite ispezioni effettuate dalle funzioni aziendali di controllo interno della Società o tramite terzi verificatori la coerenza tra i comportamenti concreti ed il Modello definito, proponendo l’adozione degli interventi correttivi e l’avvio dei procedimenti disciplinari nei confronti dei soggetti interessati. Più precisamente dovrà:
• verificare l’adeguatezza delle soluzioni organizzative adottate per l’attuazione del Modello (definizione delle clausole standard, formazione degli amministratori e dei procuratori, provvedimenti disciplinari, etc.), avvalendosi delle competenti strutture aziendali delle Società;
• predisporre il piano periodico delle verifiche sull’adeguatezza e funzionamento del Modello;
• effettuare verifiche periodiche, nell’ambito del piano approvato, sulle attività od operazioni individuate nelle aree a rischio, tramite le funzioni di controllo interne;
• effettuare verifiche mirate su determinate operazioni o su atti specifici e rilevanti posti in essere dalla Società nelle aree di rischio nonché sul sistema dei poteri al fine di garantire la costante efficacia del Modello, anche tramite le funzioni di controllo interne delle Società;
• promuovere incontri periodici con il Collegio Sindacale e la Società di Revisione per consentire lo scambio di informazioni rilevanti ai fini della vigilanza sul funzionamento del Modello;
• promuovere idonee iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione dei principi del Modello e monitorarne l’attuazione;
• disciplinare adeguati meccanismi informativi prevedendo una casella di posta elettronica ed identificando le informazioni che devono essere trasmesse all’OdV o messe a sua disposizione;
• raccogliere, esaminare, elaborare e conservare le informazioni rilevanti in ordine al rispetto del Modello;
• valutare le segnalazioni di possibili violazioni e/o inosservanze del Modello segnalate attraverso i canali informativi previsti;
• segnalare tempestivamente all’organo dirigente (Consiglio di Amministrazione), per gli opportuni provvedimenti disciplinari da irrogare con il supporto delle funzioni competenti, le violazioni accertate del Modello che possano comportare l’insorgere di una responsabilità in capo alla Società e proporre le eventuali sanzioni di cui al par. 3 del Modello;
• verificare che le violazioni del Modello siano effettivamente ed adeguatamente sanzionate nel rispetto del sistema sanzionatorio adottato dalla Società;
b) vigilare sull’opportunità di aggiornamento del Modello, informando nel caso il Consiglio di Amministrazione, laddove si riscontrino esigenze di adeguamento in relazione all’ampliamento del novero dei Reati che comportano l’applicazione del Decreto, evidenze di violazione del medesimo da parte dei Destinatari, ovvero significative modificazioni dell’assetto interno della Società e/o delle modalità di svolgimento delle attività d’impresa. In particolare, l’Organismo di Vigilanza dovrà:
• monitorare l’evoluzione della normativa di riferimento e verificare l’adeguatezza del Modello a tali prescrizioni normative, con il supporto di Affari Legali e Risorse Umane, segnalando al Consiglio di Amministrazione le possibili aree di intervento;
• predisporre attività idonee a mantenere aggiornata la mappatura delle aree a rischio, secondo le modalità e i principi seguiti nell’adozione del presente Modello;
• vigilare sull’adeguatezza e sull’aggiornamento dei Protocolli rispetto alle esigenze di prevenzione dei Reati e verificare che ogni parte che concorre a realizzare il Modello sia e resti rispondente e adeguata alle finalità del Modello come individuate dalla legge, a tal fine potendosi avvalere delle informazioni e della collaborazione da parte delle strutture competenti;
• valutare, nel caso di effettiva commissione di Reati e di significative violazioni del Modello, l’opportunità di introdurre modifiche allo stesso;
• presentare al Consiglio di Amministrazione le proposte di adeguamento e modifica del Modello. L’adozione di eventuali modifiche è infatti di competenza dell’organo dirigente, il quale appunto, a mente dell’art. 6 comma 1 lett. a), ha la responsabilità diretta dell’adozione e dell’efficace attuazione del Modello stesso;
• verificare l’effettività e la funzionalità delle modifiche del Modello adottate dal Consiglio di Amministrazione.
Nello svolgimento delle proprie attività di vigilanza e controllo l’OdV, senza la necessità di alcuna preventiva autorizzazione:
• avrà libero accesso a tutte le strutture e uffici della Società, potrà interloquire con qualsiasi soggetto operante nelle suddette strutture ed uffici ed accedere ed acquisire liberamente tutte le informazioni, i documenti e i dati che ritiene rilevanti. In caso di diniego motivato da parte dei referenti destinatari delle richieste, l’OdV predisporrà un’apposita relazione da trasmettersi al Consiglio di Amministrazione;
• potrà richiedere l’accesso a dati ed informazioni nonché l’esibizione di documenti ai componenti degli organi sociali, alla Società di Revisione, ai Soggetti Terzi ed in generale a tutti i Destinatari del Modello. Con specifico riferimento ai Soggetti Terzi, l’obbligo ad ottemperare alle richieste dell’OdV deve essere espressamente previsto nei singoli contratti stipulati dalla Società;
• potrà effettuare ispezioni periodiche nelle varie direzioni e funzioni aziendali, anche con riferimento a specifiche operazioni (anche in corso di svolgimento) poste in essere dalla Società.
Rientrano nella competenza dell’Organismo di Vigilanza le segnalazioni whistleblowing previste dalla recente normativa ex Decreto Legislativo n. 24/2023 – che recepisce la Direttiva UE 2019/1937 in materia di “Protezione degli individui che segnalano violazioni delle norme comunitarie” e che contribuisce a far progredire la cultura della legalità della compliance nei contesti organizzativi.
Laddove ne ravvisi la necessità, in funzione della specificità degli argomenti trattati, l’OdV può avvalersi del supporto delle strutture aziendali istituzionalmente dotate di competenze tecniche e risorse, umane e operative, idonee a garantire lo svolgimento su base continuativa delle verifiche, delle analisi e degli altri adempimenti necessari ovvero di consulenti esterni.
Ai fini di un pieno e autonomo adempimento dei propri compiti, all’OdV è assegnato un budget annuo adeguato, proposto dall’Organismo stesso e approvato con delibera dal Consiglio di Amministrazione, che dovrà consentire all'OdV di poter svolgere i suoi compiti in piena autonomia, senza limitazioni che possano derivare da insufficienza delle risorse finanziarie in sua dotazione. Resta ferma la possibilità per l’OdV di oltrepassare i limiti del budget in caso di necessità, con l’obbligo di fornirne successiva rendicontazione.
Per tutti gli altri aspetti, l’OdV, al fine di preservare la propria autonomia ed imparzialità, provvederà ad autoregolamentarsi attraverso la formalizzazione, nell’ambito di un regolamento, di una serie di norme che ne garantiscano il miglior funzionamento (quali la calendarizzazione dell’attività e dei controlli, la verbalizzazione delle riunioni e la disciplina dei flussi informativi) e ne disciplinino nel dettaglio le attività di propria competenza.
3.4 I meccanismi di segnalazione e informazione all’ Organismo di Vigilanza
A norma dell’art. 6, comma 2, lettera d), del D.Lgs. 231/2001, tra le esigenze cui deve rispondere il Modello è specificata la previsione di “obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli”.
L’OdV deve essere informato da parte dei Destinatari del Modello in merito ad eventi che potrebbero ingenerare responsabilità ai sensi dal Decreto o che comunque rappresentano infrazioni alle regole societarie. Del pari, all’OdV deve essere trasmesso ogni documento che denunci tali circostanze.
L’obbligo di informativa verso L’OdV si concretizza attraverso:
1. Flussi informativi periodici; informazioni, dati e notizie circa l’aderenza ai principi di controllo e comportamento sanciti dal Modello e dal Codice Etico e trasmesse all’OdV dai Responsabili di Funzione, nei tempi e nei modi che saranno definiti e comunicati dall’OdV medesimo.
Con cadenza semestrale i Responsabili di Funzione, mediante un processo di autodiagnosi complessivo sull’attività svolta, attestano il livello di attuazione del Modello con particolare attenzione al rispetto dei principi di controllo e comportamento identificati negli specifici Protocolli di competenza.
Attraverso questa formale attività di autovalutazione, evidenziano le eventuali criticità nei processi gestiti, gli eventuali scostamenti rispetto alle indicazioni dettate dal Modello e/o dai Protocolli, con l’evidenziazione delle azioni e delle iniziative adottate o al piano per la soluzione.
Sono inoltre previsti flussi di rendicontazione ordinari verso l’Organismo di Vigilanza da parte del Datore di lavoro ai sensi del D.Lgs. 81/2008, incentrati su relazioni periodiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
2. Segnalazioni occasionali: informazioni di qualsiasi genere, non rientranti nella categoria precedente, provenienti anche da terzi, attinenti ad eventuali violazioni delle prescrizioni del Modello o comunque conseguenti a comportamenti non in linea con le regole adottate dalla Società nonché inerenti alla commissione di reati, che possano essere ritenute utili ai fini dell’assolvimento dei compiti dell’OdV.
Oltre a tali segnalazioni e a quelle previste dagli specifici protocolli di decisione, devono essere obbligatoriamente trasmesse all’OdV le informazioni concernenti:
• i provvedimenti e/o notizie provenienti da organi di polizia giudiziaria, o da qualsiasi altra autorità, fatti comunque salvi gli obblighi di segreto imposti dalla legge, dai quali si evinca lo svolgimento di indagini, anche nei confronti di ignoti, per gli illeciti per i quali è applicabile il D.Lgs. 231/2001, qualora tali indagini coinvolgano la Società o comunque i Destinatari del Modello;
• i provvedimenti e/o le notizie aventi ad oggetto l’esistenza di procedimenti amministrativi o controversie civili di rilievo, fatti comunque salvi gli obblighi di segreto imposti dalla legge, dai quali si evinca lo svolgimento di indagini, anche nei confronti di ignoti, relativi a richieste o iniziative di Autorità indipendenti, dell’amministrazione finanziaria, del Ministero dell’Ambiente, di amministrazioni locali, ai contratti con la Pubblica Amministrazione, alle richieste e/o gestione di finanziamenti pubblici;
• le richieste di assistenza legale inoltrate alla Società dal personale in caso di avvio di procedimenti penali o civili nei loro confronti per i Reati di cui al Decreto 231;
• le notizie relative alle violazioni del Modello con evidenza delle iniziative sanzionatorie assunte ovvero dei provvedimenti di archiviazione dei procedimenti con le relative motivazioni;
• infortuni gravi (qualsiasi infortunio con prognosi superiore a 40 giorni) occorsi a dipendenti, collaboratori della Società e a tutti coloro che abbiano accesso alle strutture della Società;
• i rapporti e le relazioni preparati dai responsabili delle varie Funzioni aziendali nonché dal Collegio Sindacale e dalla Società di Revisione da cui emergono o possano emergere carenze nel sistema dei controlli interni, fatti censurabili, osservazioni sul bilancio della Società o comunque comportamenti non conformi alle norme di cui al Decreto 231 e che incidano sull’osservanza del Modello;
• tutte quelle informazioni, anche se non ritenute critiche, che siano previste dalle singole procedure aziendali e dai protocolli di decisione.
I Flussi informativi periodici o occasionali potranno essere inviati all’OdV attraverso i seguenti canali informativi dedicati:
• posta fisica: invio di lettera formale all’attenzione dell’Odv (o del presidente dell’OdV) di Pinalli S.r.l. presso la sede della Società, indicando sulla lettera la dicitura «documento riservato - non aprire»;
• i seguenti canali informatici tramite l’indirizzo e-mail: odv@pinalli.it
L’Organismo di Vigilanza potrà richiedere, su base periodica o al verificarsi di determinati eventi, dati e informazioni sulle attività svolte (c.d. “informazioni specifiche”) a tutti i Destinatari del presente Modello.
Le Segnalazioni di illeciti o irregolarità ai fini del D.Lgs. 231/01 rilevata da uno stakeholder interno od esterno, rientrano nella competenza dell’Organismo di Vigilanza. A tal fine la Società ha istituito appositi canali dedicati di comunicazione idonei a tutelare l’identità del Segnalante, come indicato dal paragrafo 2.6 della Sezione Seconda del presente documento e dalla Procedura Whistleblowing a cui si rimanda integralmente.
L’OdV non sarà tenuto a prendere in considerazione le segnalazioni anonime che appaiano prima facie irrilevanti, destituite di fondamento o non circostanziate.
L’OdV valuta le segnalazioni e le informazioni ricevute e le eventuali conseguenti iniziative da porre in essere, in conformità a quanto previsto dal sistema disciplinare interno, ascoltando eventualmente l’autore della segnalazione e/o il responsabile della presunta violazione, motivando per iscritto l’eventuale decisione e dando luogo a tutti gli accertamenti e le indagini che ritiene necessari.
L’OdV agisce garantendo i segnalanti contro qualsiasi forma di ritorsione, discriminazione o penalizzazione, ed assicurando la massima riservatezza in merito all’identità del segnalante e a qualsiasi notizia, informazione, segnalazione, a pena di revoca del mandato, fatte salve le esigenze inerenti allo svolgimento delle indagini nell’ipotesi in cui sia necessario il supporto di consulenti esterni all’OdV o di altre strutture societarie.
Tutte le informazioni, documentazioni, segnalazioni, report, previsti nel presente Modello sono conservati dall’OdV a norma di legge, in apposito data base (informatico o cartaceo); l’OdV avrà cura di mantenere riservati i documenti e le informazioni acquisite, anche nel rispetto della normativa sulla privacy (GDPR).
L’accesso al data base è consentito esclusivamente all’OdV.
3.5 I meccanismi di reporting dell’OdV nei confronti degli organi societari
Al fine di garantire la sua piena autonomia e indipendenza nello svolgimento delle proprie funzioni, l’Organismo di Vigilanza riporta direttamente al Consiglio di Amministrazione e al Collegio Sindacale.
L’OdV riferisce in merito all’attuazione del Modello ed all’emersione di eventuali criticità, con cadenza semestrale, al Consiglio di Amministrazione e al Collegio Sindacale attraverso una relazione scritta. In particolare, la relazione dovrà indicare con puntualità l’attività svolta nel periodo di riferimento, le segnalazioni ricevute, le sanzioni disciplinari eventualmente irrogate dai soggetti aziendali competenti e gli eventuali interventi correttivi e migliorativi del Modello.
In caso di gravi anomalie nel funzionamento ed osservanza del Modello o di violazioni di prescrizioni dello stesso, l’OdV riferisce tempestivamente al Consiglio di Amministrazione o al Presidente.
L’OdV potrà chiedere di essere sentito dal Consiglio di Amministrazione della Società ogniqualvolta ritenga opportuno interloquire con detto organo. Del pari, all’OdV è riconosciuta la possibilità di chiedere chiarimenti ed informazioni al Consiglio di Amministrazione.
D’altra parte, l’Organismo di Vigilanza potrà essere convocato in ogni momento dagli organi societari per riferire su particolari eventi o situazioni inerenti al funzionamento ed al rispetto del Modello. Gli incontri tra detti organi e l’OdV devono essere verbalizzati e copia dei verbali deve essere custodita dall’OdV nonché dagli organismi di volta in volta coinvolti.
SEZIONE QUATTRO: IL SISTEMA DISCIPLINARE
La definizione di un sistema sanzionatorio, applicabile in caso di violazione delle disposizioni del presente Modello, comprensivo di tutte le sue componenti, costituisce condizione necessaria per garantire l’efficace attuazione del Modello stesso, nonché presupposto imprescindibile per consentire alla Società di beneficiare dell’esimente dalla responsabilità amministrativa.
L’applicazione di dette sanzioni prescinde dall’instaurazione e dagli esiti di un procedimento penale eventualmente avviato nei casi in cui la violazione integri un’ipotesi di reato rilevante ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Le sanzioni comminabili sono diversificate in ragione della natura del rapporto tra l’autore della violazione e la Società, nonché del rilievo e gravità della violazione commessa e del ruolo e responsabilità dell’autore.
In generale, le violazioni possono essere ricondotte ai seguenti comportamenti e classificate come segue:
a) comportamenti che integrano una mancata attuazione colposa delle prescrizioni del Modello, ivi comprese direttive, procedure o istruzioni aziendali;
b) comportamenti che integrano una trasgressione dolosa delle prescrizioni del Modello, tale da compromettere il rapporto di fiducia tra l’autore e la Società in quanto preordinata in modo univoco a commettere un reato;
c) comportamenti che integrano atti di discriminazione e di ritorsione nei confronti di coloro che segnalano condotte illecite rilevanti ai sensi del D.Lgs. 231/2001;
d) segnalazioni infondate effettuate con dolo o colpa grave.
Il procedimento sanzionatorio è in ogni caso rimesso alla funzione e/o agli organi societari competenti.
immediatezza e, per quanto possibile, di equità.
4.1 Le funzioni del Sistema Disciplinare
La mancata osservanza del Modello, comprensivo di tutte le sue componenti e/o del Codice Etico, configura, nel rispetto delle caratteristiche di status giuridico del soggetto nei cui confronti si procede, una violazione dei doveri di diligenza e di fedeltà e, nei casi più gravi, lede il rapporto di fiducia instaurato con la Società.
Pertanto, la Società, al fine di indurre i soggetti che agiscono in nome o per conto di Pinalli ad operare nel rispetto del Modello, ha quindi istituito un Sistema Disciplinare, volto a punire tutti quei comportamenti che integrino violazioni delle prescrizioni Modello, attraverso l’applicazione di sanzioni specifiche derivanti da un raccordo tra le previsioni della normativa giuslavoristica ed i principi e le esigenze del Modello.
4.2 I Destinatari del Sistema Disciplinare
Le previsioni del presente Sistema Disciplinare si rivolgono, in particolare, a tutti i Destinatari del Modello ovvero a coloro che rivestono – nell’ambito dell’organizzazione societaria - il ruolo di soggetti “apicali” o di “sottoposti” (secondo la definizione contenuta nell’art. 5 d.lgs. 231/01) nonché a tutti coloro che – in qualità di Soggetti Terzi – agiscono su mandato o per conto della Società e che abbiano rapporti contrattuali con la Società che per tale motivo sono tenuti a rispettarne i principi generali di comportamento.
In particolare, sono da considerarsi Destinatari del presente Sistema Disciplinare – con le specificità ivi previste - tutti quei soggetti che collaborano a vario titolo con Pinalli e, segnatamente:
• i componenti degli organi sociali;
• i lavoratori dipendenti (Dirigenti, quadri, impiegati e operai), legati alla Società da un rapporto di lavoro subordinato, indipendentemente dal CCNL applicato, dalla loro qualifica e/o dal loro inquadramento aziendale riconosciuto;
• i lavoratori parasubordinati (collaboratori, prestatori di lavoro temporaneo, interinali)
• i Soggetti Terzi (consulenti, fornitori, partner nonché più in generale tutti coloro che intrattengono rapporti di collaborazione con Pinalli per lo svolgimento di qualsiasi prestazione lavorativa).
4.3 Le condotte rilevanti
Le sanzioni sono adottate nel rispetto delle normative vigenti in materia e, laddove applicabile, delle norme rinvenibili nella contrattazione collettiva di volta in volta applicabile e dall’art. 7 Legge 300/70 e sono commisurate alla gravità dell’infrazione e all’eventuale reiterazione della stessa.
In ogni caso il tipo e l’entità della sanzione applicata deve tener conto dei principi di proporzionalità e adeguatezza rispetto alla violazione contestata.
In generale avranno rilievo, in via esemplificativa:
• la tipologia dell’illecito compiuto anche in considerazione della gravità dello stesso;
• le circostanze nel cui ambito si è sviluppata la condotta illecita;
• le modalità di commissione della condotta;
• la gravità della condotta;
• l’intenzionalità del comportamento o del grado di negligenza, imprudenza o imperizia anche con riguardo alla prevedibilità dell’evento;
• il comportamento complessivo del destinatario con particolare riguardo alla sussistenza o meno di precedenti disciplinari del medesimo, nei limiti consentiti dalla legge;
• il ruolo rivestito dal destinatario;
• la posizione funzionale delle persone coinvolte nei fatti costituenti la mancanza;
• altre particolari circostanze che accompagnano l’illecito disciplinare quali ad esempio l’eventuale commissione di più violazioni nell’ambito della medesima condotta, nel qual caso l’aggravamento sarà operato nel rispetto della sanzione prevista per la violazione più grave;
• il comportamento immediatamente susseguente al fatto;
• le circostanze aggravanti (o attenuanti) nel cui ambito si è sviluppata la condotta illecita, con particolare riguardo alla professionalità, alle precedenti prestazioni lavorative e/o ai precedenti rapporti contrattuali, ai precedenti disciplinari, alle circostanze in cui è stato commesso il fatto;
• l’eventuale concorso di più soggetti nella commissione della violazione;
• l’eventuale recidiva del suo autore.
L’applicazione delle sanzioni disciplinari non pregiudica in alcun modo il diritto della Società di agire nei confronti del soggetto responsabile al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti a causa o in conseguenza della condotta accertata.
4.4 Misure nei confronti del personale dipendente non dirigente
Le violazioni delle regole comportamentali previste dal Modello e dai suoi Allegati commesse dai lavoratori dipendenti costituiscono inadempimento contrattuale e pertanto potranno comportare l’adozione di sanzioni disciplinari, nei limiti stabiliti dal contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro.
In particolare, il C.C.N.L. per le Aziende del Terziario, Distribuzione e Servizi (“CCNL”), che disciplina il rapporto di lavoro tra Pinalli ed i suoi dipendenti, stabilisce l’applicazione dei seguenti provvedimenti disciplinari a fronte di inadempimenti contrattuali:
a) biasimo verbale;
b) biasimo scritto;
c) multa non superiore a quattro ore di retribuzione oraria calcolata sul minimo tabellare;
d) sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni;
e) licenziamento senza preavviso
Restano ferme, e si intendono qui richiamate, tutte le disposizioni di cui all’art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. “Statuto dei Lavoratori”) in relazione sia all’esposizione del codice disciplinare ed all’obbligo di preventiva contestazione dell’addebito al Dipendente, anche al fine di consentire allo stesso di approntare una idonea difesa e di fornire eventuali giustificazioni.
Le sanzioni disciplinari previste ai punti (a) e (b) sono comminate ai lavoratori Dipendenti che, per negligenza, violano le regole, i principi e le procedure previste dal Modello e dai suoi allegati o adottano comportamenti non conformi allo stesso o non adeguati, ma comunque tali da non minare l’efficacia del Modello stesso. Tali sanzioni disciplinari sono inoltre previste nel caso in cui i Dipendenti non rispettino gli obblighi previsti in materia di whistleblowing.
Più precisamente:
• la sanzione del biasimo verbale può essere attuata in caso di lieve inosservanza dei principi e dalle procedure previste dal Modello e dal Codice Etico dovuti a negligenza del Dipendente. A titolo esemplificativo e non esaustivo, è punibile con il rimprovero verbale il Dipendente che, per negligenza, trascuri di conservare in maniera accurata la documentazione di supporto necessaria per ricostruire l’operatività della Società nelle aree a rischio. Il richiamo verbale è inoltre previsto, nei casi in cui si verifichi un’inosservanza degli obblighi in materia di whistleblowing, ad esempio, nel caso in cui un Dipendente, effettui segnalazioni che si rivelano false e prive di fondamento nei confronti di un altro soggetto.
• la sanzione del biasimo scritto viene adottata in ipotesi di ripetute mancanze punite con il richiamo verbale, o in caso di violazione colposa dei principi e dalle procedure previste dal Modello e Codice Etico, attraverso un comportamento non conforme o non adeguato: ad esempio in caso di ritardata segnalazione all’OdV delle informazioni dovute ai sensi del Modello. Tale sanzione viene applicata anche nei casi in cui si verifichino una reiterata inosservanza colposa della normativa in materia di whistleblowing, ad esempio nel caso in cui il Dipendente effettui più segnalazioni che si rivelano false e prive di fondamento nei confronti di un altro soggetto, o qualora un Dipendente tenti di violare le norme in materia di tutela del segnalante.
Le sanzioni disciplinari di cui ai punti (c) e (d) sono comminate ai lavoratori dipendenti in caso di reiterate violazioni di cui ai precedenti punti o in caso di comportamenti colposi e/o negligenti posti in essere dal personale dipendente che opera in aree a rischio 231, che possono minare anche potenzialmente l’efficacia del Modello e del Codice Etico.
E così in via esemplificativa:
• la multa non superiore a quattro ore di retribuzione oraria calcolata sul minimo tabellare può essere applicata nel caso di inosservanza dei principi e delle regole di comportamento previste dal presente Modello, per un comportamento non conforme o non adeguato alle prescrizioni del Modello in misura tale da essere considerata di una certa gravità.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, tra tali comportamenti rientra la violazione degli obblighi di informazione nei confronti dell'OdV in ordine alla commissione dei Reati, ancorché tentati, ovvero la mancata reiterata partecipazione, senza giustificato motivo alle sessioni formative che nel tempo verranno erogate dalla Società relative al D. Lgs. 231/2001, al Modello di organizzazione, gestione e controllo e del Codice Etico adottato dalla Società o in ordine a tematiche relative. Tale sanzione è anche comminata nel caso in cui il Dipendente effettui, all’interno dell’ambito lavorativo e con colpa grave, una segnalazione di illecito nei confronti di un altro soggetto, qualora questa si riveli successivamente falsa ed infondata.
• la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di dieci giorni sarà applicata in caso di gravi violazioni procedurali tali da esporre la Società a responsabilità nei confronti di terzi. A titolo esemplificativo e non esaustivo: l’inosservanza delle prescrizioni del Codice Etico; l’omissione o il rilascio di false dichiarazioni relative al rispetto del Modello; l’inosservanza delle disposizioni dei poteri di firma e del sistema delle deleghe; l’omissione della vigilanza sul comportamento del personale operante all’interno della propria sfera di responsabilità al fine di verificare le loro azioni nelle aree di rischio; ogni e qualsiasi altra inosservanza contrattuale o di specifica disposizione comunicata al Dipendente. Inoltre, in materia di whistleblowing, tale sanzione è prevista, nei casi in cui un Dipendente effettui, all’ interno dell’ambito lavorativo e con dolo, una segnalazione di illecito nei confronti di un altro soggetto che successivamente si riveli falsa ed infondata, o ancora nei casi in cui un Dipendente violi le misure volte alla tutela del segnalante illeciti (qualora lo stesso non sia coinvolto nel processo di valutazione della segnalazione).
Le sanzioni disciplinari di cui al punto e) sono inflitte al Dipendente che ponga in essere, nell’espletamento delle sue attività, un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello e diretto in modo univoco al compimento di un Reato sanzionato dal Decreto e tale da poter determinare l’applicazione a carico della Società delle sanzioni amministrative derivanti da Reato previste dal Decreto.
Più precisamente, il licenziamento per mancanze ai sensi dell'art. 10 è una sanzione inflitta in conseguenza di una mancanza così grave (per la dolosità del fatto, o per i riflessi penali o pecuniari o per la sua recidività) da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto di lavoro. Tra le violazioni passibili della predetta sanzione: comportamento fraudolento inequivocabilmente diretto alla commissione di uno dei Reati previsti dal Decreto tale da far venir meno il rapporto fiduciario con il datore di lavoro; redazione di documentazione incompleta o non veritiera dolosamente diretta ad impedire la trasparenza e verificabilità dell’attività svolta; violazione dolosa di procedure aventi rilevanza esterna; omessa redazione della documentazione prevista dal Modello; violazione o elusione dolosa del sistema di controllo previsto dal Modello in qualsiasi modo effettuata, incluse la sottrazione, distruzione o alterazione della documentazione inerente alla procedura, l'ostacolo ai controlli, l'impedimento di accesso alle informazioni e alla documentazione da parte dei soggetti preposti ai controlli o alle decisioni. Inoltre, in materia di whistleblowing, tale sanzione è prevista, ad esempio, nei casi in cui un dipendente effettui in maniera reiterata, all’ interno dell’ambito lavorativo e con dolo, una segnalazione di illecito nei confronti di un altro soggetto che successivamente si riveli falsa ed infondata, o ancora nei casi in cui un dipendente violi ripetutamente gli obblighi di riservatezza di cui al decreto legislativo n. 24 del 2023 art.12
Alla notizia di violazione delle regole di comportamento del Modello da parte di un dipendente non dirigente, l’OdV informa la Funzione Human Resources per l’adozione delle opportune iniziative.
4.5 Misure nei confronti del personale dipendente dirigente
Il rispetto da parte dei dirigenti della Società delle disposizioni e delle procedure previste dal Modello e dai suoi allegati, così come l’adempimento dell’obbligo di far rispettare ai lavoratori a loro gerarchicamente subordinati quanto previsto dal Modello stesso, costituiscono elementi fondamentali del rapporto sussistente tra essi e la Società.
In caso di accertata adozione, da parte di un dirigente, di un comportamento non conforme a quanto previsto dal Modello, o qualora sia provato che un dirigente abbia consentito a Dipendenti a lui gerarchicamente subordinati di porre in essere condotte costituenti violazione del Modello, la Società applicherà nei confronti del responsabile la sanzione che riterrà più idonea, in ragione della gravità della condotta del dirigente e sulla base di quanto previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dei Dirigenti tra cui la risoluzione del rapporto di lavoro. Il medesimo regime sanzionatorio si applica nei casi in cui il dirigente, sia coinvolto in episodi che comportano violazioni della normativa in materia di whistleblowing.
In particolare, in conformità a quanto previsto dall'art. 7 della Legge n. 300 del 20 maggio 1970:
• rimprovero scritto e intimazione a conformarsi alle disposizioni del Modello, in caso di violazione non grave di una o più regole comportamentali o procedurali previste nel Modello e nel Codice Etico. Inoltre, in materia di whistleblowing, tale sanzione è prevista, ad esempio, nei casi in cui un dirigente effettui, all’ interno dell’ambito lavorativo e con colpa, un ostacolo o un tentato ostacolo alla segnalazione di illecito, o ancora nei casi in cui un dirigente non abbia provveduto all’adozione di procedure per la gestione dei sistemi di segnalazione, ovvero ad effettuare le attività di verifica ed analisi delle segnalazioni ricevute.
• sospensione a titolo cautelare dalla prestazione lavorativa - fermo il diritto degli stessi dirigenti alla retribuzione, nonché, sempre in via provvisoria ed eventuale per un periodo non superiore a tre mesi, l’adibizione ad incarichi diversi, nel rispetto dell’art. 2103 codice civile – in caso di grave violazione di una o più regole comportamentali o procedurali previste nel Modello e nel Codice Etico. Inoltre, in materia di whistleblowing, tale sanzione è prevista, ad esempio, nei casi in cui un dirigente effettui, all’ interno dell’ambito lavorativo e con dolo, un ostacolo o un tentato ostacolo alla segnalazione di illecito, o ancora nei casi in cui un dirigente non abbia provveduto all’adozione di procedure per la gestione dei sistemi di segnalazione, ovvero ad effettuare le attività di verifica ed analisi delle segnalazioni ricevute.
• il dirigente incorre nel provvedimento del licenziamento con preavviso in caso di reiterate e gravi violazioni di una o più prescrizioni del Modello e dei suoi Allegati tale da configurare un notevole inadempimento;
• il dirigente incorre nel provvedimento del licenziamento senza preavviso laddove la violazione di una o più prescrizioni del Modello sia di gravità tale da ledere irreparabilmente il rapporto di fiducia, non consentendo la prosecuzione anche provvisoria del rapporto di lavoro. Tale sanzione è applicata ad esempio, nel caso in cui un dirigente (non coinvolto nel processo di gestione della segnalazione) violi in modo reiterato le misure previste per la tutela del segnalante illeciti nell’ambito di un rapporto lavorativo.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, costituisce illecito disciplinare anche la mancata vigilanza da parte del personale dirigente sulla corretta applicazione, da parte dei lavoratori gerarchicamente subordinati, delle regole e delle procedure previste dal Modello, così come la violazione degli obblighi di informazione nei confronti dell'OdV in ordine alla commissione dei Reati rilevanti, ancorché tentata.
Resta salvo il diritto della Società a richiedere il risarcimento del maggior danno subito a causa del comportamento del dirigente.
Alla notizia di violazione delle regole di comportamento del Modello da parte di un dirigente, l’OdV informa il Consiglio di Amministrazione per l’adozione delle opportune iniziative. Lo svolgimento del procedimento sarà affidato all’Amministratore Delegato che provvederà a comminare la sanzione a norma di legge e di contratto.
4.6 Misure nei confronti degli amministratori
In caso di accertata violazione da parte di un Amministratore della Società delle disposizioni e delle procedure previste dal Modello e dai suoi Allegati, ed in particolare nell’ipotesi di accertata commissione di un Reato rilevante ai sensi del Decreto dal quale possa discendere una responsabilità amministrativa della Società ovvero il mancato rispetto delle normative in materia di tutela del segnalante illeciti nell’ambito di un rapporto lavorativo da parte degli amministratori l’OdV informerà immediatamente l’intero Consiglio di Amministrazione, il quale assumerà le iniziative che riterrà opportune, quali ad esempio la sospensione dalla carica per un periodo compreso tra un mese e sei mesi ovvero la convocazione dell’Assemblea dei soci per la revoca del mandato e/o l’azione di responsabilità ai sensi dell’art. 2393 c.c. Resta salvo il diritto della Società ad agire per il risarcimento del maggior danno subito a causa del comportamento dell’amministratore.
Ove il Consigliere sia inoltre munito di procura con potere di rappresentare all’esterno la Società, l’irrogazione della sanzione disciplinare potrà comporterà anche la revoca automatica della procura stessa.
Qualora infine, la violazione sia contestata ad un Amministratore legato alla Società anche da un rapporto di lavoro subordinato, saranno applicate anche le sanzioni previste per i Dirigenti.
In tal caso, qualora sia inflitta la sanzione del licenziamento, con o senza preavviso, dovrà disporsi anche la revoca dell’Amministratore dall’incarico, e viceversa, qualora sia disposto il provvedimento della revoca della carica e/o delle deleghe di amministratore, si disporrà anche il licenziamento, con o senza giusta causa.
4.7 Misure nei confronti dei Soggetti Terzi
I Soggetti Terzi quali, fornitori, consulenti, business partner sono destinatari del Codice Etico di Gruppo. Nei contratti stipulati dalla con detti Soggetti Terzi sono contenute apposite dichiarazioni di conoscenza dei contenuti del Codice Etico, e dell’obbligo di attenervisi.
I contratti con tali soggetti conterranno una specifica clausola di recesso e/o di risoluzione connesse all’inadempimento di tali obbligazioni, fermo restando il diritto della Società di rivalersi per gli eventuali danni verificatisi in conseguenza di dette condotte, ivi inclusi i danni causati dall’applicazione da parte del giudice delle misure previste dal Decreto.
4.8 Garanzie inerenti il sistema di segnalazione Whistleblowing
Si segnala che, gli enti e le persone che effettuano le segnalazioni, possono comunicare all'ANAC le ritorsioni che ritengono di avere subito. In caso di ritorsioni commesse nel contesto lavorativo del segnalante l'ANAC informa l'Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza.
Inoltre, al fine di acquisire elementi istruttori indispensabili all'accertamento delle ritorsioni, l'ANAC può avvalersi, per quanto di rispettiva competenza, della collaborazione dell'Ispettorato nazionale del lavoro, ferma restando l'esclusiva competenza dell'ANAC in ordine alla valutazione degli elementi acquisiti e all'eventuale applicazione delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 21. Al fine di regolare tale collaborazione, l'ANAC conclude specifici accordi, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l'Ispettorato nazionale del lavoro.
Gli atti assunti in violazione dell'articolo 17 (divieto di ritorsione) sono nulli. I soggetti che siano stati licenziati a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile hanno diritto a essere reintegrate nel posto di lavoro, ai sensi dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 o dell'articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, in ragione della specifica disciplina applicabile al lavoratore.
L’Autorità giudiziaria adita adotta tutte le misure, anche provvisorie, necessarie ad assicurare la tutela alla situazione giuridica soggettiva azionata, ivi compresi il risarcimento del danno, la reintegrazione nel posto di lavoro, l'ordine di cessazione della condotta posta in essere in violazione dell'articolo 17 e da dichiarazione di nullità degli atti adottati in violazione del medesimo articolo. riportare l’art 19 del decreto 24/2023
La Società non tollera un abuso dell’istituto del whistleblowing, ossia un utilizzo di detto canale riservato per effettuare segnalazioni con un evidente carattere diffamatorio e opportunistico.
Competerà all’Organismo di Vigilanza valutare l’idoneità delle misure sanzionatorie adottate dalla Società nei confronti dei dipendenti, collaboratori, dei consulenti e dei terzi (afferenti alle ipotesi di reato previste dal Decreto) e di segnalare, al Consiglio di Amministrazione, il loro eventuale aggiornamento.
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